«Non c’è nulla di etico nell’economia così com’è: non esiste alcuna considerazione per l’essere umano in quanto tale. Se l’1 per cento della popolazione mondiale detiene il 99 per cento della ricchezza del pianeta siamo di fronte a un sistema completamente sbagliato. È una bomba sociale a orologeria, che può esplodere da un momento all’altro, se non cambiamo questo sistema».
L’appello di Muhammad Yunus ha scosso le coscienze di tutti coloro che hanno assistito alla sua lectio magistralis, all’interno della Basilica superiore di San Francesco, ad Assisi, all’ombra degli affreschi di Giotto, ventotto tavole della vita di Francesco, lui che scelse la povertà come guida della propria esistenza, il “banchiere dei poveri”. L’uomo che ha inventato il microcredito e che partendo da un minuscolo villaggio del Bangladesh è arrivato, nel 2006, al Nobel per la pace, ha illuminato, con la sua presenza, la prima edizione di “Percorsi Assisi”: una settimana di laboratori di “riflessione esperienziale”, organizzati dal Sacro Convento, nel quale sono coinvolti cinquanta giovani talenti dell’economia italiana, provenienti da quattro università, la Luiss Guido Carli di Roma, l’Alma Mater Studiorum di Bologna, il Politecnico di Milano e la Federico II di Napoli.
Attorno a un luogo iconico come Assisi si discute, da sabato scorso e fino a sabato 7 settembre, con economisti di fama mondiale come Carlo Cottarelli e Stefano Zamagni, ma anche con imprenditori che hanno fondato le loro attività sull’economia solidale, di attenzione al bene comune, di diritti delle generazioni future, di accoglienza della vita, di equità sociale, di dignità dei lavoratori, di rispetto dell’ambiente, di ecologia integrale, di green economy e della salvaguardia del nostro pianeta.
Temi, tutti, che saranno al centro de “L’Economia di Francesco”, il grande evento in programma proprio ad Assisi la prossima primavera, fortemente voluto dal Santo Padre, al quale prenderanno parte giovani economisti, imprenditori e filosofi, tutti sotto i trentacinque anni, provenienti da ogni parte del mondo, senza distinzione di nazionalità o di credo, impegnati, tutti, nel tentativo di pensare e attuare un nuovo modello economico, una strada alternativa al sistema capitalistico dominante, ormai destinato a fallire, in quanto fondato sulla diseguaglianza e non sul rispetto assoluto della dignità umana.
Non è un caso che, meno di un mese fa, il 19 agosto, gli amministratori delegati delle duecento multinazionali americane più importanti, da JP Morgan ad Amazon, passando per Coca-Cola, abbiano sottoscritto un patto di rispetto per l’ambiente e per i lavoratori, perché il profitto non sia più l’unico faro. «Immaginate il mondo che volete, nulla è impossibile per l’essere umano»: così ha chiuso la sua lezione il professor Yunus, che ha lasciato un messaggio di speranza per i giovani, ma ha anche ammonito tutti sui rischi che il mondo corre se non cambia il proprio modello economico, non attento all’ambiente ma basato soltanto sulla massimizzazione dei profitti, il peccato capitale dell’economia contemporanea.
«Corriamo essenzialmente tre enormi pericoli» ha detto Yunus, che ha ricevuto da padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento, e da padre Enzo Fortunato, direttore della comunicazione, la “Lampada della Pace”, il riconoscimento simbolico per coloro che si sono distinti nella trasmissione del messaggio di san Francesco. «Il primo è quello della concentrazione della ricchezza in pochissime mani, e del conseguente aumento delle diseguaglianze sociali e dei conflitti, che non possono essere fermati con la costruzione dei muri, ma solo con la correzione degli errori dell’attuale sistema economico. Il destino dell’essere umano — ha continuato — è progettare un mondo nel quale tutti gli esseri umani possano vivere con dignità, nel pieno rispetto dell’uomo ma anche dell’ambiente: potremmo estinguerci nell’arco di pochi decenni, ma non facciamo nulla, perché l’economia non ci ha mai insegnato a rispettare l’ambiente».
Il fondatore della Graamen Bank, la banca del villaggio, l’uomo che ha concesso un’opportunità a 9 milioni di persone, il 97 per cento delle quali donne, prestando loro piccole somme di denaro e ottenendo, in cambio, un tasso di restituzione che non è mai sceso sotto il 98 per cento, ha sempre posto l’essere umano al centro del suo pensiero e della sua azione economica. Ora, però, è terrorizzato dall’escalation dell’intelligenza artificiale: «Nei prossimi 20, forse addirittura 10 anni, 500 milioni di posti di lavoro andranno perduti a causa dell’intelligenza artificiale, quando le macchine, che saranno diventate più intelligenti dell’uomo, avranno imparato a fare le cose meglio dell’uomo stesso.
L’intelligenza artificiale può essere una benedizione, ma anche una maledizione». Per questo occorre riportare l’essere umano al centro della visione economica, in quel modello di economia circolare tanto caro a Papa Francesco, che, nell’enciclica Laudato si’ scrive: «Non si è ancora riusciti ad attuare un modello di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare».
L’obiettivo, dunque, è quello di sviluppare una visione diversa, e una diversa rappresentazione del futuro, sui modelli economici, attraverso la sinergia di persone che camminano insieme, in una contaminazione di esperienze, di conoscenze, di idee e di competenze, ponendo al centro i valori propri dell’umanesimo francescano, per il raggiungimento di un bene comune globale. È la sfida, una delle sfide, che Papa Francesco ha lanciato al mondo fin dall’inizio del suo pontificato, e che culminerà, a marzo, in un patto per il futuro, voluto da Papa Francesco nel nome di san Francesco. Saranno quattro le parole chiave, quattro verbi dalla matrice comune: ri-animare, ri-vedere, rispondere, riparare.
Per questo il teatro dell’incontro sarà Assisi, la città di san Francesco, la città dalla quale, nelle aspirazioni del Santo Padre, prenderà l’abbrivio un processo di cambiamento globale, affinché l’economia di oggi e, soprattutto, quella di domani, sia più giusta, inclusiva e sostenibile, senza lasciare nessuno indietro. Un sistema che non guardi al profitto a breve termine, ma che ponga le proprie basi nei valori della sostenibilità, dell’ecologia, del rispetto dei diritti umani, per un fine più alto, che è quello del bene comune globale, indispensabile per il futuro dei giovani e del pianeta. Un nuovo ordine, insomma, che fondi le sue basi sul rispetto dell’ambiente e sulla salvaguardia di un patrimonio che non appartenga più né al singolo né alla comunità, intesa come istituzione pubblica, ma all’umanità nella sua interezza.
Pubblicato su “L’Osservatore Romano” il 05/09/2019